08 marzo 2007

chiudere i cpt, se non ora, quando?- note di commento sulla manifestazione nazionale

pubblichiamo il contributo dei compagni e delle compagne del tpo dopo la giornata del 3 marzo a bologna

Bologna, Tpo - Note di commento sul 3 marzo


Nota di commento
La grande manifestazione di sabato 3 marzo ci offre un’importantissima occasione di riflessione e discussione che, senza alcuna pretesa di sintesi complessiva vogliamo condividere con le reti e le soggettività di movimento. Queste note sono pensieri a voce alta, non impegnativi per nessuno ma, speriamo, stimolanti per il dibattito in movimento nel movimento.
Il punto di vista sarà parziale (perchè noi siamo solo una piccola parte dei movimenti) e di parte (perchè noi siamo "partigiani").
Innanzitutto i fatti.
sabato 3 marzo 2007 a bologna c’era moltissima gente. 10000 persone sono tantissime e danno un’impegnativa e risolutiva risposta all’interrogativo che da 24 mesi la nostra comunità politica affronta: quanto spazio politico vi sia lì, in basso a sinistra, chi sono i soggetti del conflitto e come sia possibile dare una prospettiva di massa ad esso superando in avanti la dialettica "conflitto - consenso"
la composizione sociale del corteo era giovanile, precaria e migrante (di prima e seconda generazione) e "metropolitana" ove con questa parola si intenda l’abitare un territorio complesso, distribuito e reticolare che ha come baricentro Bologna
il corteo era convocato da "alcune parti del movimento", cioè dai centri sociali e dal sindacalismo di base, ed ha visto la sostanziale assenza dell’intero sistema della rappresentanza politica e sindacale confederale
nessuno ha abbandonato il corteo ma, anzi, dopo aver subito due violente cariche dal Reparto Mobile di Padova esso si è unito nella difesa degli artisti&artigiani che hanno sabotato la strada
non c’era nessun parlamentare e lo spazio pubblico è stato completamente autorganizzato, autodeterminato e autotutelato.
A nostro parere il successo di questa manifestazione inaugura una fase di crisi costituente nel movimento a partire dalla messa in mora di processi di continuità con il vecchio ciclo no global I rappresentanti, le istituzioni di movimento e il linguaggio del precedente ciclo che a Bologna possiamo delimitare tra 1998 e 2004 sono stati progressivamente svuotati dall’interno e dall’esterno e non riescono più ad intercettare ciò che il territorio esprime Valga per tutti il dibattito sulla non inclusività del corteo: come si fa a sostenere che 10000 persone siano isolate? Come si fa a sostenere che l’esercizio del conflitto sia nemico dell’allargamento della lotta quando i fatti hanno dimostrato che migliaia di donne ed uomini sono disposti a lottare in prima persona senza accettare la politica delle delegazioni o dell’avanguardia interna che rappresenta il conflitto? Come si fa, infine, a rimpiangere che sabato "non sia successo nulla"?
La giornata di sabato 3 marzo e la composizione del corteo ci fanno dire che siamo già all’interno di un nuovo ciclo di movimento e che esso si articola dentro processi che scardinano stili ed equilibri degli anni passati.
Da Vicenza a Bologna, da Venaus alle Banlieues, dalla Sorbona alla Sapienza vediamo emergere cicli di lotta che esprimono tratti di comune in una pluralità di temi e di linguaggi politici. E su quanto vi è di comune dobbiamo insistere politicamente, nel riconoscere e nel farsi attraversare dalle molteplicità di pratiche di lotta e di conflitto.
I punti che ci sembra emergano in embrione da questo nuovo ciclo sono:
la collocazione europea come scelta soggettiva dello spazio politico
l’istituzione di pratiche di democrazia diretta come metodo di sovranità sul sè, sul territorio, sulla decisione politica
il ruolo centrale dei beni comuni come tema di sfondo del programma
la leggerezza e la flessibilità dell’organizzazione, intesa come strumento autonomo per le lotte e non come gabbia metafisica di processi di sintesi.
La manifestazione di sabato 3 ci dice anche che non è più il tempo dei processi di mediazione ma che, al contrario, è il momento di approfondire elementi di programma, esaltare la radicalità, mettere in crisi i processi organizzativi passati.
La sfida che emerge, potente e sovversiva, è quella di stare nella pancia dei diecimila di bologna, costruire le condizioni affinche nel segno del comune e della differenza emergano gli spazi e le forme di vita liberata, di emancipazione sociale, di redistribuzione della ricchezza che una moltitudine di soggettività, inquieta e desiderante, reclama qui e ora.


Bologna, mercoledì 7 marzo 2007
Le compagne ed i compagni del TPO
"ribellarsialpresenteèsovvertireilfuturo"