15 giugno 2006

Diritti e potere sotto casa

Il potere pubblico è tale perchè riceve la sua legittimità dai cittadini, che, liberi e uguali, attraverso procedure di voto, legittimano temporaneamente la funzione pubblica.

Da questo processo nascono le amministrazioni pubbliche, che come dice la stessa parola hanno la funzione di agire, con i mezzi tecnici adeguati al mantenimento ed alla crescita del bene pubblico, cioè comune.


Se ci avete seguito fin qui nel ragionamento, forse avrete adesso qualche dubbio andando ad analizzare le prese di posizione degli amministratori della città di Bologna rispetto al presunto scandalo delle “case occupate”.


Qualche dato:


Nel marzo 2004, mentre la gestione Guazzaloca stava volgendo al termine, in piena furia cartolarizzatrice Tremontiana, un collettivo di precari e migranti che vivono a Bologna inizia ad abitare, occupando gli spazi inutilizzati da almeno 4 anni in appartamenti gestiti dall’ACER, di proprietà dello Stato. L’allora assessore Monaco, uscente, si guarda bene dal fare la voce grossa, di fronte alle centinaia di appartamenti sfitti, più di 200 nel solo quartiere di S.Donato.


Successivamente, sulla spinta del bisogno, e con l’obiettivo di spingere l’amministrazione ad una svolta nella gestione delle case di proprietà pubblica e per scongiurare la privatizzazione della gestione e dei beni immobili, decine di persone scelgono di seguire l’esempio dei primi “occupanti” e iniziano ad abitare in alloggi sfitti e inabitabili di proprietà dell’ERP.


Nascono 3 collettivi (Passepartout, M.A.O. e Habit-Azione) che hanno come unico scopo quello di denunciare le penose condizioni di parte del patrimonio edilizio pubblico, le insostenibili condizioni del mercato privato a Bologna per soggetti precari e migranti e di animare i quartieri dove risiedono con iniziative gratuite a carattere ludico e culturale.


L’esperienza ha ottimi riscontri nei quartieri dove si svolge, S.Donato, S.Vitale e Bolognina, tanto che il consiglio di quartiere di S.Donato si esprime nel 2004 contro ogni ipotesi di sgombero e per una soluzione adeguata alle richeste degli occupanti.


Subito dopo, appena il neo-assessore Antonio Amorosi entra in carica, si scatena una campagna diffamante contro i collettivi, che si ingrossa sull’onda della retorica della legalità di Sergio Cofferati, che se da un lato richiede rigore e rispetto della legge, mostra questa decisione in modo eclatante contro le categorie più deboli: migranti baraccati e senza permesso di soggiorno, mendicanti, occupanti di case, giovani lavoratori/trici precarie. La risonanza mediatica, amplificata dalla sensibilità forcaiola e razzista che molti media hanno sviluppato negli anni, permette ai “rappresentanti dei cittadini” di parlare e minacciare per due anni senza dare risposte concrete al dilà della normale amministrazione.


Laddove non sono presenti i collettivi, o alcuni rappresentanti, pochi, fedeli al proprio mandato, la giunta in perfetta sinergia con la questura procede a sgomberare, incarcerare, invisibilizzare. Nessuno si sogna di prendere provvedimenti seri contro la rapina legalizzata del mercato privato e contro lo strozzinaggio degli affitti in nero che imperversa in città. Si scrollano le spalle dicendo che “è difficile intervenire”, mentre noti cravattari come Zanni dell’UPPI chiedono la forca per gli occupanti.


Come tutta risposta sono continuate le iniziative di denuncia della speculazione privata sulla casa, le occupazioni di immobili sfitti, l’animazione degli spazi pubblici, e l’elaborazione di proposte alla città.


La Procura di Bologna ha cercato di criminalizzarci in tutti i modi, scadendo spesso nel grottesco e purtroppo non sembra aver cambiato linea. Nonostante in Italia, frequentemente il reato di occupazione venga archiviato e in numerose occasioni i tribunali hanno assolto gli occupanti per “necessità” e riconoscendo l’utilità sociale del loro gesto.


Il nuovo assessore Merola inizialmente aveva aperto la possibilità di un cambio di rotta, poi, crediamo per ragioni di convenienza politica, ha aderito alla linea di Cofferati, e oggi minaccia sgomberi e chiude il dialogo. Ma oggi, rendiamo di nuovo pubbliche le nostre proposte, estendendo alla società civile della città l’invito a farle proprie per allargare per tutti la sfera dei diritti e della vita dignitosa.


Non vogliamo più essere ostaggio, dei mal di pancia securitari del Cofferatismo, in tanti a Bologna, insoddisfatti di come i rappresentanti stanno esercitando il loro mandato chiedono soluzioni concrete, rispetto dei diritti, dei percorsi realli di partecipazione e di cittadinanza. Noi abbiamo preso in mano un problema personale, la mancanza di una casa, e l’abbiamo trasformato in una opportunità per dare delle risposte collettive.


Ci aspettiamo che da oggi si uniscano a noi le centinaia di cittadini e cittadine che affollano gli uffici casa del Comune di Bologna senza ottenere una risposta: vogliamo diritti e dignità.


Il disprezzo e l’arroganza li lasciamo con piacere a chi ci sfrutta e ci spreme, sul lavoro e con gli affitti.


Anche questa, signori, è la democrazia.